[ VR, AN INEVITABILITY - Click here to read in English]


Ormai da qualche tempo, i progressi nel settore della Realtà Virtuale hanno superato le boe della fattibilità tecnica ed economica, aprendo alla tecnologia uno sbocco tutt'altro che trascurabile verso il mare del mercato di massa. Per quanto innegabilmente oggi si assista ad una spinta senza precedenti da parte dei produttori di periferiche dedicate, persiste presso il pubblico la sensazione (ove non addirittura la convinzione) che questo mezzo espressivo sia poco desiderabile e comunque avviato al naufragio commerciale.

Limitarsi a descrivere la situazione tramite numeri e statistiche ne offre un quadro chiaramente parziale nonché viziato, lato consumatore, dall'idea che un business mediale non multimiliardario abbia poca ragion d'essere. Sotto questo aspetto basti rilevare che con l’avvento del COVID-19, il giro d'affari della Realtà Virtuale è cresciuto in misura tale da rendere il settore sufficientemente redditizio e quindi capace di attrarre investimenti dedicati; nel solo 2021 la vendita di headset VR/AR ha fatto segnare un incremento del 92.1% rispetto all’anno precedente, e non c’è nulla che lasci pensare ad eventuali inversioni di tendenza per il futuro, anzi.



Quanto succede dietro le quinte è di enorme interesse per tutti quei settori professionali e didattici che già operano o intendono operare nel prossimo futuro in regime di completa dislocazione - in absentia, per intenderci. In campo medico, ad esempio, Realtà Virtuale ed Aumentata giocano un ruolo essenziale in quelle che si ritengono le migliori metodiche di addestramento e formazione; ciò vale anche per le reali attività in sala operatoria, con tanto di periferiche aptiche in grado di fornire al chirurgo un riscontro tattile sul comportamento degli strumenti a contatto con organi e tessuti. Alcuni centri d’eccellenza fanno uso della VR per illustrare ai pazienti, in maniera interattiva, i vari passaggi degli interventi a cui dovranno sottoporsi.



Scenari del genere sono pienamente alla portata della comprensione del consumatore medio, ma non deve sorprendere che lo stesso li giudichi comunque lontani dalla sua quotidianità. Una prospettiva che in qualche modo fatica ancora ad essere digerita (o anche soltanto immaginata) dal pubblico è quella che vedrà la Realtà Virtuale fungere da interfaccia tra gli individui ed il vasto orizzonte di esperienze che nella vita reale, per le circostanze più disparate, sono o saranno loro precluse. In questo senso, l’avvicinamento al mercato di massa per mezzo dei videogiochi è un’arma a doppio taglio in quanto crea pregiudizi circa l’utilità del mezzo, ma è chiaro che ci si trova in una fase interlocutoria: presentarsi in questo formato serve a catturare un pubblico tendenzialmente più sensibile a novità del genere, ma ancor di più a raffinare metodiche, sistemi d’interazione e navigazione utilizzabili da altre categorie di consumatori in altri contesti, come quello delle esperienze simulate. In un mondo reale che si fa sempre meno vivibile, è ragionevole pensare che la futura richiesta di surrogati digitali in grado di soddisfare desideri altrimenti irraggiungibili sia destinata ad aumentare, con conseguenze economiche e sociali potenzialmente vaste e profonde.



Impossibile, a questo punto, non pensare nuovamente a Mark Zuckerberg e alla sua visione del domani: la VR rappresenta un fattore essenziale nell’equazione che porterà il Metaverso ad affermarsi quale spazio di lavoro, socialità, commercio, istruzione ed intrattenimento alternativo al mondo materiale (una chiave di lettura facilmente accostabile alle criptovalute e alla loro spinta verso “isole economiche” indipendenti più o meno normate). In tal senso, va superata l’idea che il mezzo serva ad entrare in questo spazio, poiché sembra più vero il contrario: interagire attraverso visori indossabili e periferiche aptiche significa consentire alla virtualità di uscire fuori, espandendosi nel nostro spazio vitale e mirando più o meno gradualmente ad appropriarsene. Come? Innanzitutto offrendo attività il cui grado di convenienza ed utilità sia percepito come elevato da parte del consumatore, quali che siano i significati attribuiti dallo stesso a quei concetti. Se poi queste attività risultassero essere stimolanti e convincenti sul piano sensoriale - immersive, per utilizzare un termine alla moda - si tratterebbe di un valore aggiunto importante, addirittura fondamentale per alcuni.


Questi tre punti costituiscono i vertici del campo sul quale Realtà e Virtualità si contenderanno quella che è la nostra risorsa più preziosa, il tempo che spendiamo da una parte o dall’altra. Più tempo trascorriamo in un ambito, maggiori sono le tracce che lasciamo in esso e i dati che se ne ricavano, destinati a trasformarsi in prodotti e in marketing mirato (non necessariamente in quest’ordine - dipende dalla natura della merce e degli scopi). Se si trattasse solo di scenari ipotetici, gli operatori di settore non dedicherebbero ai traguardi descritti finora gli sforzi a cui stiamo assistendo; il processo è già ben avviato e provvisto di una certa inerzia, alacremente smussato agli angoli affinché incontri sempre meno resistenza sul suo percorso.



(*) Abbiamo visto, ad esempio, che i moderni display ad alta risoluzione hanno reso quasi impercettibile lo "screen door effect" restituendo immagini continue e definite, dal frame rate elevato. Alcuni visori sono in grado di offrire tali condizioni senza dover dipendere dal collegamento ad un PC potente, con audio spaziale ed un comfort di utilizzo finalmente degno di tale nome. Altre limitazioni persistono in relazione ai picchi di luminosità, alla riduzione dello spessore delle ottiche, alla reattività del tracciamento oculare ecc.