Altra ragione per cui utilizzo l’appiglio della cronaca come mero pretesto è che Sony avrà senz’altro modo di rispondere, magari rivedendo certe sue pratiche e venendo incontro agli autori. Come detto, però, c’interessa altro, ossia tentare di scandagliare un futuro oggi più che mai in divenire. Stiamo infatti attraversando un periodo in cui la linea di demarcazione tra fruitore e creatore, "user or creator" per dirla all’angolofona, risulta sempre più sfumata. Che si tratti di social, app o per l’appunto videogiochi, l’utente sta diventando sempre più consapevole di certi processi, stagione inaugurata da desideri semplici (e per lo più indotti) come la possibilità di personalizzare uno o più elementi. Nell’epoca dell’io sopra ogni cosa, solo apparentemente soffocata da istanze sociali che, nemmeno troppo paradossalmente, ne hanno invece acuito l’intensità, qualcuno anni addietro si rese conto che al consumatore non si sarebbe più accontentato di farsi vendere un bene/servizio che fosse solo desiderabile, appetibile, ma che di tale oggetto potesse pure farci dell’altro. Agli albori di questo processo non si pensava ancora alla possibilità di modificare la destinazione di quanto si usava (meglio parlare a questo punto di uso, dato che la Rete, coi social media in primis, ha evidentemente contribuito a snaturare la logica ordinaria alla base di quel contratto tra venditore e acquirente, quest’ultimo rimasto tale anche se non più a fronte di un esborso diretto). A soddisfare le istanze iniziali, in questa prima fase, è venuto in soccorso delle aziende operanti nel settore una dinamica da tempo istituzionalizzata in ambito videoludico, ossia quella che, in un inglese italianizzato, possiamo definire customizzazione: bastava poco per corrispondere alla voglia di unicità che sempre più prendeva piede nel consumatore d’inizio secolo. A un certo punto, bruciando le tappe, dato che qui l’excursus ci serve solo per delineare un contesto, tale desiderio si è trasformato in una necessità, ed allora quelle scatole vuote che dapprima furono i blog, e poi i social, tesero a colmare una lacuna a cui i forum non potevano certo far fronte.