INESPUGNABILE SEKIRO ~ Sekiro Unconquerable





Accessibilità o identità? Con Sekiro, From Software afferma la sua posizione

- Accessibility or identity? With Sekiro, From Software takes its stance



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Il recente dibattito intorno alla difficoltà di Sekiro sta fornendo spunti di ogni tenore, più o meno interessanti, più o meno centrati rispetto alle tematiche che l'argomento merita di sollevare. Volendo fare un breve excursus di quanto sta accadendo, diverse testate di gran seguito tra cui Kotaku, Polygon, Venture Beat, hanno rimproverato al nuovo nato in casa From di non essere sufficientemente accessibile, ovvero di non offrire opzioni che consentano di modulare, attivare o disattivare certi sistemi di gioco, a beneficio di tutti gli utenti, compresi quelli affetti da disabilità. A From Software, dunque, si imputa di aver volontariamente escluso dall’esperienza di gioco certe categorie di giocatori. Vero? Non vero? Cercheremo di capirlo.





Il dato certo, qui, é che Sekiro, a prescindere da tutto, rappresenta il titolo più impegnativo, più “difficile” realizzato sinora da Miyazaki e dal suo team. Conoscendo la reputazione di Dark Souls e Bloodborne, vien quasi da pensare che questo nuovo gioco sia una sorta di Idra di Lerna il cui solo respiro uccide - tant’è che sfoghi di frustrazione sono arrivati non soltanto dall’utente medio che, magari ammaliato dalla bellezza visiva del gioco si è persuaso all’acquisto, ma addirittura da giocatori che in qualche modo erano venuti a capo degli altri titoli From. Ecco, quest’ultimo è un dato raro, perché in genere gli amanti dei “soulsborne” difendono a spada tratta la casa giapponese e respingono al mittente ogni accusa di quel tipo, anzi, lo invitano a sforzarsi di migliorare, o proprio a lasciar perdere. Però è un dato che ci permette di scendere un po’ più nel dettaglio della questione - quindi di capire i motivi di questa reazione, e cosa è cambiato in questa ennesima declinazione dello stile From Software. Ad una prima analisi, potremmo dire che Sekiro è una distillazione delle formule di Dark Souls e Bloodborne - una sintesi che ridimensiona moltissimo il contributo di statistiche e punti esperienza, per concentrarsi con decisione sulla performance - sulle parate, le deflessioni, le schivate, i fendenti. Il fatto è che questa transizione avviene in modo così netto, così perentorio, che chi coi titoli precedenti aveva sviluppato una certa memoria muscolare, un certo modo di approcciarsi all’azione, qui si trova nell’antipatica posizione di dover disimparare. Paradossalmente, chi affronta l'esperienza partendo da zero risulta agevolato - a condizione che sia una persona paziente, attenta, dai nervi saldi. Dark Souls, Bloodborne e Sekiro: la cesura tra questi casi sta nel fatto che nei primi due, il giocatore ha a disposizione un maggior numero di strumenti e di sistemi per influenzare gli equilibri del gioco. Anche in Sekiro esiste questa possibilità, ma é molto più rigida perché legata all'uso di power-up; il parco mosse é estensibile, ma poco potenziabile. Questo significa che la responsabilità del bilanciamento non è più affidata all’utente e alle sue build, modellate pazientemente lungo decine di ore, ma è in mano al team di sviluppo che la rivendica, se ne appropria. È come se From fosse passata da un approccio del tipo “ti pongo un problema, trova il tuo modo di risolverlo”, a qualcosa come “adesso conduco io il balletto, tu devi starmi dietro”.





È un modo di fare Game Design che potrebbe apparire… old school? Antiquato? Non c’è da sorprendersi che qualcuno consideri Sekiro un passo indietro rispetto alle opere precedenti di From Software. L’evoluzione, però, è un fenomeno che va compreso: è un processo fatto di espansioni e contrazioni, di aggiunte e di scremature che si susseguono. La forma attuale di Sekiro è innanzitutto il risultato di una sfida che gli autori hanno posto a sé stessi, ossia quella di padroneggiare un sottoinsieme molto specifico del genere action che è quello del combattimento disonorevole all’arma bianca - lo stile degli shinobi. Lo suggeriva il periodo storico di riferimento, l’Era Sengoku della Storia Giapponese, peraltro oggetto di leggende suggestive che ben si sposano con la tradizione autoriale di From, fatta di avversari formidabili e di sfide insormontabili, sebbene rigorosamente in apparenza. Da intenti specifici, dunque, é derivato un sistema di gioco rigido, specializzato, tematicamente coeso. Quello che il team giapponese ha voluto creare é il suo paradigma di combattimento con katana, una formula che non mancherà di ispirare, di fare scuola, di essere studiata, modificata - e perché no? - anche resa più accessibile. Ma pensare che a From spettino obblighi in questo senso denota soltanto una scarsa considerazione di moventi creativi che in realtà dovrebbero essere tenuti a cuore. Peraltro, riprendendo un attimo l’interrogativo di partenza, basta una breve occhiata alle recensioni su Steam per accorgersi che tra chi ha completato il gioco ci sono diversi utenti affetti da disabilità e deficit motori: tanto basti a dimostrare che nel design del gioco c'é ben poco di maliziosamente selettivo o straniante. Piuttosto, è forte il sospetto che qualche navigata penna del Web abbia scorto in questa presa di posizione, in questo slancio volitivo ed evolutivo da parte di From Software l’opportunità di sollevare un polverone mediatico, cosa di cui purtroppo il giornalismo online spesso vive. Per nostra fortuna, non è piano dal quale si possa pensare di discutere seriamente un tema importante quale é la compiutezza di un’opera.