Il dato certo, qui, é che Sekiro, a prescindere da tutto, rappresenta il titolo più impegnativo, più “difficile” realizzato sinora da Miyazaki e dal suo team. Conoscendo la reputazione di Dark Souls e Bloodborne, vien quasi da pensare che questo nuovo gioco sia una sorta di Idra di Lerna il cui solo respiro uccide - tant’è che sfoghi di frustrazione sono arrivati non soltanto dall’utente medio che, magari ammaliato dalla bellezza visiva del gioco si è persuaso all’acquisto, ma addirittura da giocatori che in qualche modo erano venuti a capo degli altri titoli From. Ecco, quest’ultimo è un dato raro, perché in genere gli amanti dei “soulsborne” difendono a spada tratta la casa giapponese e respingono al mittente ogni accusa di quel tipo, anzi, lo invitano a sforzarsi di migliorare, o proprio a lasciar perdere. Però è un dato che ci permette di scendere un po’ più nel dettaglio della questione - quindi di capire i motivi di questa reazione, e cosa è cambiato in questa ennesima declinazione dello stile From Software. Ad una prima analisi, potremmo dire che Sekiro è una distillazione delle formule di Dark Souls e Bloodborne - una sintesi che ridimensiona moltissimo il contributo di statistiche e punti esperienza, per concentrarsi con decisione sulla performance - sulle parate, le deflessioni, le schivate, i fendenti. Il fatto è che questa transizione avviene in modo così netto, così perentorio, che chi coi titoli precedenti aveva sviluppato una certa memoria muscolare, un certo modo di approcciarsi all’azione, qui si trova nell’antipatica posizione di dover disimparare. Paradossalmente, chi affronta l'esperienza partendo da zero risulta agevolato - a condizione che sia una persona paziente, attenta, dai nervi saldi. Dark Souls, Bloodborne e Sekiro: la cesura tra questi casi sta nel fatto che nei primi due, il giocatore ha a disposizione un maggior numero di strumenti e di sistemi per influenzare gli equilibri del gioco. Anche in Sekiro esiste questa possibilità, ma é molto più rigida perché legata all'uso di power-up; il parco mosse é estensibile, ma poco potenziabile. Questo significa che la responsabilità del bilanciamento non è più affidata all’utente e alle sue build, modellate pazientemente lungo decine di ore, ma è in mano al team di sviluppo che la rivendica, se ne appropria. È come se From fosse passata da un approccio del tipo “ti pongo un problema, trova il tuo modo di risolverlo”, a qualcosa come “adesso conduco io il balletto, tu devi starmi dietro”.