Se c’è un aspetto in particolare del videogioco che suscita curiosità, fascinazione, questa è la sua possibilità di esistere in astratto, ossia di poter funzionare esclusivamente in ragione delle proprie meccaniche senza che queste debbano agganciarsi ad un contesto, a un mondo di qualche tipo. Si tratta di una caratteristica mutuata dall’universo dei giochi da tavolo classici, infinitamente più antichi del mezzo in questione ma comunque descrivibili come costrutti esperienziali di intrattenimento. Tuttavia, la direzione verso cui l'esperienza di gioco si proietta crea un semplice quanto interessante distinguo: una maggiore centratura sull'impianto meccanico/regolistico (usiamo questo termine al di fuori della sua usuale accezione spregiativa) tende a far rientrare nell'esperienza stessa, nel suo ricordo, elementi che fanno capo al mondo reale ed alle ripercussioni della partita su quest'ultimo. Al contrario, la presenza di un contesto esercita una trazione verso l'interno del gioco, tanto più potente quanto articolata ed interattiva é la sua raffigurazione; in altre parole, l'aspetto caratterizzante del ricordo consiste nel suo collocarsi soprattutto all’interno dei luoghi virtuali ove è avvenuta l’esperienza.



Rifacendosi al metro di giudizio normalmente applicato alla fotografia artistica, il successo di questa operazione dovrebbe misurarsi nella capacità, da parte dell’immagine, di evocare nell’osservatore impressioni simili a quelle sperimentate in situ dall’autore. È tuttavia raro che un’identità del genere si verifichi, poiché come ci dice Neil Leifer, “la fotografia non mostra la realtà, ma l’idea che se ne ha”. Le meccaniche strettamente ludiche di un prodotto si rivolgono ad un livello di coscienza che tende a far convergere le reazioni dell’utenza su poche macro-opzioni, come dimostra l’appiattirsi dei vari generi su modelli di interazione sempre più somiglianti tra loro. Al contrario, le “modalità foto” distendono un ponte tra i luoghi virtuali e l’interiorità di chi preme il pulsante di scatto, ambito di estrema divergenza individuale al quale il linguaggio della fotografia si interfaccia e si conforma naturalmente, senza patemi. Il coesistere di più modalità di fruizione, separate da codici di comunicazione ed esiti differenti, ben sostiene l’utilizzo della locuzione “costrutto esperienziale” in riferimento al videogioco (o addirittura in suo luogo) e agli usi ai quali il mezzo ed i suoi sistemi si prestano.